Il mondo dell’ex studentessa Rufa: tra fotografia, disegno e scultura, per trovare soluzioni alternative
Sin da piccoli impariamo a guardare il mondo con i nostri occhi, a camminare sulle nostre gambe, a distinguere suoni, gusti, odori, ad affinare il processo che ci aiuta a percepire la realtà. E se è vero ciò che insegna la teoria della Gestalt, questo è possibile non solo grazie a una serie di dati che provengono dall’esterno ma soprattutto da un’insieme di principi tendenzialmente innati. Ma che cosa succederebbe se improvvisamente perdessimo tutte le informazioni custodite nel nostro cervello?
La percezione di Irene Iorno, artista romana classe ’76, è stata segnata sia nella sfera privata che in quella professionale, da una serie di vicende personali che hanno completamente stravolto il suo modo di guardare le cose. A soli 8 anni, la Iorno si trova a far fronte a un grave problema di salute che, con il passare del tempo, le debilita il fisico e la mente, compromettendo le sue capacità di pensiero e di movimento. Per questa ragione è costretta a reinventare il proprio modo di guardare il mondo, ormai completamente stravolto ai suoi occhi, trovando nuovi espedieti per superare difficoltà e ostacoli : « Ho imparato a trovare soluzioni alternative», racconta l’artista. Avvicinatasi alla macchina fotografica a soli 8 anni, la Iorno non ha mai abbandonato quella che lei stessa ha definito come “la costante della sua vita”. In contemporanea, tuttavia, Irene inizia a coltivare la passione per il disegno, unita poi a quella per la pittura, confluita in una laurea alla Rufa (Rome University of fine arts). Costretta ad abbandonare il corso, si iscrive più tardi a scultura, guadagnandosi contemporaneamente il tesserino da giornalista.
Una personalità variegata la sua, caratteristica che ben si rispecchia nei suoi lavori, graffiati ma allo stesso tempo eleganti ed equilibrati. Incisioni, fotografie, sculture di grande intimità, a volte ludiche, a volte più pungenti e concettuali: “In realtà è il mio linguaggio che cambia, ma il lavoro è sempre quello”. La scelta dei materiali è anch’essa varia, ma prevalentemente contraddistinta dall’uso di ferro, chiodi, lana cotta. Nel 2006 entra a far parte della sua vita un altro progetto, quello della riabilitazione visiva, una pratica sperimentata in prima persona durante il lungo percorso medico, che la Iorno decide di coniugare con la disciplina artistica, dando vita a una serie di libri per grandi e bambini intitolata Papocchio. Insieme a Francesca Manzini, amica, fotografa e fisioterapista, grazie al contributo dellaa psicologa Mara Lastretti e con il supporto di tutte le persone che l’hanno accompagnata nel suo processo di guarigione, Irene sta portando avanti questo lavoro, fatto di esercizi che fondono illustrazione e scrittura e cercano di accompagnare il paziente attraverso una nuova concezione di riabilitazione creativa e interattiva.