Nelle tue selve tacite urla

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Il progetto tesi nasce dal forte legame che la fotografa Fabiana Scattarreggia, ha con la sua terra natia, la Calabria, e dal desiderio di ribellione che l’ha allontanata dalla stessa. “La Calabria è aspra bellezza, è una terra amara, contaminata da selvaggi. Oggi la Calabria si presenta come un territorio che viene definito da molti accogliente, ma che diventa spesso teatro di violenze inconcepibili. Un Paese martoriato dalla criminalità e abbandonato dallo Stato.
 

Ha tanti fori che non sono mai stati coperti, per questo motivo sentivo la necessità di viverla, di raccontarla, perdendomi negli sguardi della gente, nella natura sconfinata.

 
Il mio sguardo era “lontano” in tutto quello che ho fotografato partendo dalla natura arrivando a tematiche più ostiche come la ‘Ndrangheta. Il mio obiettivo è far riflettere sulle condizioni della Calabria chiunque guardi il progetto.”
Da sempre il Sud ha subito denigrazioni che hanno determinato un messaggio molto spesso non veritiero che ancora oggi è vivo nelle nuove generazioni, latente ma costante.
I territori del Sud vengono descritti come terre senza speranza, con rischi di sottosviluppo permanente, con imminente desertificazione industriale. I pregiudizi dei viaggiatori stranieri sono ancora oggi presenti, descrivono la gente che abita in queste regioni calorosa, ma con nessuna voglia di lavorare, con paesaggi mozzafiato ma con strutture non degne, raccontano di terre incontaminate, bruciate e abbandonate. Non esistono terre felici, molte volte si tende ad addossare la colpa ad un capro espiatorio. Occorre combattere per ottenere giustizia e diritti, e solo grazie all’arma della cultura riusciremo a lottare per il Sud, per queste regioni. In Calabria non tutto è perduto, nonostante il menefreghismo di molti. Molte persone credono in una nuova Calabria, nel suo miglioramento. Per crederci in questo territorio bisogna denunciare le azioni sbagliate prendendo coscienza di quello che realmente vogliamo essere.

Solo cosi torneremo a vivere nelle nostre terre natie per essere non più appellati come i terroni, ma come i figli dei Greci.

 

Fabiana Scattarreggia