Inizia la nuova sessione di Talk RUFA. Il primo appuntamento è stato mercoledì 30 novembre con l’artista visiva Flaminia Celata: «Creating through transformation».
Come nelle precedenti edizioni, l’incontro si è tenuto in Aula Magna (via Taro, 14) dalle ore 11:00 alle 13:00.
Il primo Talk del nuovo anno accademico ha avuto come protagonista Flaminia Celata, un’artista visiva con base a Roma.
Dal 2009 lavora principalmente con la fotografia e il video con una crescente necessità, negli ultimi anni, di sconfinare in altre forme di espressione artistica, come la scultura e la video performance.
Durante il Talk Celata, attraverso la visione dei propri lavori, ha svelato la metodologia che la porta alla realizzazione dei suoi progetti.
L’atto creativo è per lei il frutto di un lungo processo di ricerca e di fatica. Non è qualcosa di immediato, scaturisce da una curiosità, che con il passare del tempo diventa ossessiva; curiosità di un evento o argomento di cui generalmente fa esperienza.
È la percezione di ciò che si trasforma, che la spinge ad intraprendere un’indagine scientifica, che da guida e strumento di conoscenza, la porta a raggiungere il giusto distacco emotivo e il bisogno di produrre immagini.
Venendo da una formazione fotografica documentaristica, lavora generalmente a progetto. Una singola opera difficilmente riesce a condensare tutti i significati del tema che sta trattando.
Il processo creativo comporta un avvicinamento al soggetto. La ricerca dei dettagli con la fotografia, la texture, è il processo che le permette di entrare dentro la materia.
Con il digitale, che è il suo strumento di lavoro, a volte agisce per sottrazione. Ciò che rimane diventa altro e assume un nuovo significato.
La modulazione del lavoro, passa anche attraverso la scelta e l’articolazione della dimensione delle immagini; a volte il micro elemento, ingigantito, diventa la rappresentazione di un mistero che non si lascia svelare.
In particolare, l’artista ha presentato due lavori con un’impostazione multimediale:
– «IO sono memoria», dove l’autoritratto utilizzato nel lavoro scaturisce da una vicinanza al tema stesso. Attraverso l’annullamento dell’individualità, diventa ricerca razionale e quasi scientifica, che permette di implementare la distanza necessaria per un’investigazione visiva, che non sempre produce certezze o soluzioni. Il video, usato in questo progetto, è il mezzo per penetrare l’invisibile, inquisire il processo, testimoniare i segni di un’azione non visibile, che non ha forma ma è presente. La video performance promuove l’immersione sull’essenza del tema.
– «APUA», frutto della collaborazione con l’artista tedesca Bärbel Praun. Un’investigazione sulle cave di marmo inattive sulle Alpi Apuane. Un progetto che va oltre la documentazione di ciò che rimane dopo l’estrazione del marmo. Un progetto dove oltre alla fotografia e al video, trovano spazio anche il suono, la video performance e l’installazione.