La rubrica «Fashion & Sustainability» condotta da Guenda Cermel riprende il suo corso con un’intervista esclusiva a Carla Cereda Biffi, Art Director e Head of Buying di Biffi Boutiques.
Fin dalla sua fondazione negli anni ’60, Biffi si è sempre contraddistinto per la ricerca di fashion brand innovativi.
Oggi, secondo voi, cosa significa innovare nella moda?
La moda da sempre ha la capacità di raccontare la società, i tempi e il contesto in cui è inserita; oggi più che mai innovare significa saper coniugare produzione e narrazione creativa (ovvero quella che passa attraverso un linguaggio visivo, tattile, sensoriale ancora prima che verbale) con la consapevolezza che una collezione, un capo di abbigliamento, non esiste solo per sé ma come parte di un ecosistema più ampio (che va dalla filiera al consumatore finale). Ed è solo all’interno di questo contesto che il capo assume e genera valore. Una parte importante del nostro lavoro comporta selezionare brand di nicchia e designer emergenti, e abbiamo constatato negli ultimi anni che sono proprio questi a nascere già con una sensibilità che è sia estetica che etica, laddove creatività e innovazione vengono stimolate non solo da un’esigenza creativa, ma anche dalla consapevolezza di essere parte di un sistema interdipendente.
Nel panorama dei concept store esiste una spinta verso un buying consapevole degli impatti ambientali?
Se sì, in quali termini e con quali limiti?
Negli ultimi anni c’è sicuramente stata una spinta/accelerazione verso una maggiore consapevolezza. Nella nostra esperienza di boutique indipendente, noi nasciamo come un contenitore, e lavoriamo quindi sia con grandi Maison che con marchi emergenti/di nicchia. Non tutti i brand che acquistiamo hanno una filosofia specificatamente sostenibile; tuttavia, molti si stanno adoperando per attuare delle strategie in questo senso e velocizzarle. La spinta al buying consapevole arriva spesso proprio dai marchi: le grandi aziende stanno mettendo in atto programmi per diminuire l’impatto ambientale e sociale (in una prospettiva sia etica, sia di business), ma è soprattutto dai brand di nicchia e dai designer emergenti che arriva la spinta più forte. Molte delle collezioni di ricerca che acquistiamo nascono infatti già alimentate da una filosofia sostenibile, nella consapevolezza dell’importanza di tale tematica, che rappresenta un valore intrinseco del loro concept.
Noi siamo sempre molto felici di collaborare con marchi e progetti con un background etico, laddove l’estetica si sposi alla nostra visione e selezione.
Cosa ne pensate delle partnership tra brand/boutique e i second-hand marketplace come Vestiaire Collective? È una strategia che state considerando?
Si tratta di una strategia particolarmente interessante, al momento stiamo valutando possibili collaborazioni in questa direzione.
Che profilo ha per voi il cliente più attratto dalla moda consapevole? Vi sembrano più colpiti dalla sostenibilità dei materiali o da contenuti di impatto sociale e culturale?
Riscontriamo una consapevolezza crescente. Per quanto riguarda le boutique fisiche, va detto che il cliente al momento resta colpito in primis dal design e dalla qualità del prodotto (che già di suo comporta buona parte dello storytelling visuale, che il prodotto racconta da sé e dal modo in cui è presentato nei nostri corner). Restano poi colpiti dalle informazioni aggiuntive che possono essere raccontate su quel capo e quella collezione. C’è una sempre maggiore attenzione verso prodotti cruelty-free (con particolare riferimento all’utilizzo di alternative alle pellicce), ma anche un interesse crescente verso l’impatto sociale e culturale generato dai capi (made in, fair labor, etc.). Generalmente si tratta di persone curiose, informate, con una capacità di spesa medio-alta. Va però sottolineata l’importanza della progettazione e del design del capo, che generalmente è ciò che colpisce maggiormente l’interesse dei clienti. Per quanto riguarda l’e-commerce, dove la clientela è più internazionale e ha un’età media più giovane, riscontriamo un’attenzione maggiore verso le istanze più innovative sia in termini di design che di scelte maggiormente sostenibili; da qui anche il nostro interesse nel cercare di aggiungere il valore del racconto alla vendita con prossime implementazioni anche all’interno delle schede prodotto.
Quali marchi sostenibili avete attualmente nel vostro portfolio?
Ne abbiamo diversi, per fare un elenco completo bisognerebbe fare un distinguo in merito alla tipologia di sostenibilità intesa. Giusto per citarne alcuni tra quelli più giovani: Bethany Williams, Tiziano Guardini, Bode New York, Chopova Lowena, Collina Strada, Colville, Handle With Freeedom, Helmstedt, Loverboy, Sunnei, Toogood, Federico Curradi, Veja.