Gli studenti della Scuola di Fotografia RUFA Daniele Cimaglia e Giuseppe Odore sono tra i vincitori del premio REFOCUS/2, curato direttamente dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. REFOCUS/2 ha inteso sollevare l’attenzione sulla “rimessa a fuoco” della realtà, in seguito agli effetti che il confinamento ha avuto sulle coordinate spazio-temporali del vivere quotidiano e su come questo abbia indirettamente trasformato la percezione della realtà stessa.
Il bando, rivolto soprattutto a fotografi, artisti e operatori visivi under 40, ha consentito di “raccogliere” spazi urbani, piazze, monumenti, palazzi, musei e altri luoghi allo scopo di sostenere la produzione culturale e l’attività degli artisti, sottolineandone il ruolo fondamentale all’interno della società, e costituendo un archivio visivo legato alla memoria pubblica e collettiva connessa a questo irripetibile momento storico.
REFOCUS/2, realizzato durante il lockdown, ha impresso nelle foto la sospensione nelle città, nei paesaggi naturali e antropici, nonché la modalità di vita e di riorganizzazione di spazi, società, lavoro e tempo libero.
Daniele Cimaglia e Giuseppe Odore hanno presentato un progetto intitolato “Storie dell’abitare”. «Guardando i nostri vicini – spiegano i due giovani artisti – cantare e suonare fuori dal balcone durante la quarantena ci siamo resi conto di non conoscere nessuno. Per farlo abbiamo invitato i condomini a farsi scattare un ritratto di famiglia. L’intimità che viviamo nelle nostre case è solitamente celata dalle tende, lo scopo è stato di ricrearla ponendo le persone davanti a esse. Il cortile è lo spazio collettivo in cui tutti avrebbero potuto creare condivisione e socializzazione, raccontandosi ed esprimendo i propri pensieri in prima persona su un foglio bianco. Durante le fasi di scatto abbiamo capito che non siamo i soli a esserci sentiti degli estranei nel vicinato. La frenesia della quotidianità ci aveva portati a ignorare la presenza di altri che vivevano in prossimità. L’utilizzo del mezzo fotografico come strumento per conoscerci ci ha fatto scoprire l’importanza di vivere in una comunità, di associare dei nomi ai volti delle persone che ci circondano, per sentirci meno soli e mostrarci più umani. Il distanziamento sociale non implica vedere il proprio vicino come un portatore di un virus, ma come qualcuno su cui possiamo contare e affidarci».